Spesso sopratutto in questo periodo, molte persone quando sentono parlare di dottrina dello yoga, reagiscono dicendo che yoga è pratica e non filosofia, e su questo non hanno tutti i torti, lo Yoga è una pratica, una pratica che non è limitata unicamente al posizionare il corpo in particolari forme, ma una pratica che si estende all’intero modo in cui concepiamo l’esistenza stessa, uno stile di vita.
Quindi è importante per un praticante conoscere e capire I principi base che si celano dietro la pratica delle asana, altrimenti la pratica rimane un semplice esercizio fisico (che naturalmente fa bene ed è utile, ma rimane limitato.)
La Filosofia dello Yoga è la mappa che mostra al praticante la strada che sta percorrendo durante la pratica dello Yoga.
Personalmente penso che gli aspetti più importanti da comprendere quando parliamo di yoga sono:
1) il sistema di Patanjali
2) la teoria dei cinque kosha
Lo Yoga di Patanjali
Uno dei più importanti documenti che abbiamo riguardo lo yoga è il famoso Yoga Sutra di Patanjali. E’ un documento composto da Quattro capitoli dove è spiegata l’intera dottrina filosofica su cui si basa la pratica dello Yoga.
Patanjali descrive il significato dello Yoga nel secondo verso del primo capitolo:
“yoga chitta vritti nirodaha”
Di solito tradotto: ” lo yoga è il cessare (avere il controllo) delle attività della mente”.
Nel seguente verso Patanjali continua dicendo:
“Tada drashtuh svarupe avasthanam”
Tradotto in italiano:
“a tal punto l’osservatore rimane nel suo originale stato naturale”.
Questi due versi spiegano che avendo pieno controllo sulle attività mentali (chitta vritti) è possibile realizzare la nostra originale natura, il Sé (Atman), il principio che va al di la di corpo e mente.
Come fare tutto ciò?
Gli otto stadi dello yoga
Patanjali spiega il metodo con cui è possibile realizzare il Sé.
Tale metodo è definito Ashtanga Yoga (gli otto stadi dello yoga), da non confondere col più popolare Ashtanga vinyasa yoga di Pattabhi Joys.
Gli otto stadi sono:
- 1)Yama
- 2)Niyama
- 3)Asana
- 4)Pranayama
- 5)Prathyahara
- 6)Dharana
- 7)Dhyana
- 8)Samadhi
Yama e Niyama sono precetti da seguire in maniera tale da regolare il nostro comportamento con gli altri (Yama) e con noi stessi (Niyama). Tali regole non devono essere viste come I comandamenti cristiani, che se seguiti garantiscono l’accesso al paradiso e se infranti conducono ad una eterna dannazione (inferno). Yama e Niyama sono condizioni che permettono alla nostra mente di diventare più “sattvica”, più bilanciata e calma in maniera tale che “chitta vritti” (processi mentali) possono essere “controllati” , “amministrati” più facilmente.
Asana è la posizione stabile e confortevole che assumiamo per ottenere uno stato mentale bilanciato utile per la meditazione/osservazione/ascolto.
Pranayama significa “estensione del prana”, dove prana indica l’energia vitale; la consapevolezza del prana si ottiene attraverso il corretto utilizzo del respiro, ecco perché con pranayama di solito ci si riferisce agli esercizi respiratori. Il respiro è considerato il ponte tra corpo e mente.
Pratyahara significa “ritiro dei sensi”, è il prerequisito alla pratica meditativa, durante pratyahara spostiamo la consapevolezza dall’esterno (tramite i sensi) all’interno.
Dharana significa concentrazione, quando l’attenzione è fissa un oggetto, la perfezione della concentrazione conduce allo stato di
Dhyana (Meditazione) dove l’attenzione è pienamente assorbita dall’oggetto, la perfezione di dhyana conduce allo stato di
Samadhi dove l’auto identificazione della mente scompare così come la differenza tra oggetto e soggetto.
Gli stadi da Yama a Prathyahara (1-5) sono chiamati bahiranga (esterno) yoga.
Gli stadi da Dharana a Samadhi (6-8) si chiamano antaranga (interno) yoga.
Bhairanga yoga è il prerequisito per antaranga yoga.
I cinque Kosha
Secondo lo yoga, la coscienza individuale è parziale espressione della coscienza universale. Essenzialmente coscienza individuale e universale sono una.
La coscienza umana è descritta come ripiegata in cinque strati chiamati Kosha attorno un punto centrale immutabile (Atman.) I cinque strati sono
- Annamaya-kosha
- Pranamaya kosha
- Manomaya Kosha
- Vigyanamaya kosha
- Anandamaya kosha
1. Annamaya Kosha (kosha fatto di cibo)
Come suggerisce il nome, il primo strato da considerare è il corpo fisico, sostenuto e alimentato principalmente da cibo e acqua, ciò include il corpo fisico con tutti I suoi processi fisiologici.
2. Pranamaya Kosha (Kosha pranico)
Il kosha che segue è pranamaya kosha, prana significa energia.Si riferisce alla forza vitale che permette la funzione del corpo fisico.L’energia pranica si muove in particolare canali chiamati nadi.Secondo I testi dello yoga esistono 72.000 nadi, tra questi le nadi più importanti sono Ida, Pingala e Sushumna.
3. Manomaya Kosha (Kosha Mentale)
Il terzo Kosha è quello mentale, dove risiedono tutti gli schemi mentali – emotivi che compongono la personalità dell’individuo.I nostri sentimenti, stimoli e reazioni a determinate situazioni, pensieri e azioni sorgono da tale kosha.La forza e debolezza di questo kosha determina il modo con cui interagiamo a determinate situazioni.
4. Vijnanamaya Kosha (Kosha intellettivo)
Anche questo Kosha è posto a livello mentale, ma qui si riferisce all’intelletto.Mentre nel kosha precedente la mente funziona al livello di meccanismo stimolo/risposta, qui è possibile comprendere e discernere.Questo è il livello della cognizione, condizionamento e decondizionamento delle nostre conoscenze/credenze, a tale livello è presente l’identificazione che abbiamo con noi stessi (Ahamkara-Ego).
5. Anandamaya Kosha (Kosha di Beatitudine)
Anandamaya kosha è il più interno dei koshas, il primo kosha ad avvolgere l’Atman, l’eterno centro della coscienza. Amanda significa Beatitudine.Tuttavia tale beatitudine non è una esperienza emotiva/mentale.Ananda è un’ esperienza che va al di là della ordinaria realtà percepita dalla mente.E’ pace, gioia amore indipendente da qualsiasi ragione o stimolo.E’ lo stabilirsi nell’essenza.Tuttavia anche tale stato di beatitudine è solo uno strato che avvolge la pura coscienza dell’Atman.Nel profondo silenzio meditativo anche questo è lasciato andare in maniera tale da “sperimentare” il Centro.
Atman è il Sé, l’eterno centro della coscienza, Mai nato e mai morto.
Atman è stato descritto come indescrivibile. La realizzazione, esperienza dell’Atman, è lo scopo dello Yoga.
All’inizio della pratica dello yoga, l’attenzione si pone su Annamaya Kosha, il corpo fisico. Una volta connessi con tale strato è possibile usare il respiro per connetterci con Pranamaya Kosha, l’energia manifesta nel corpo.La consapevolezza del corpo, respiro e flusso pranico assorbe la mente ed i pensieri diminuendo le “vritti” presenti in manomaya kosha. In tal modo otteniamo l’accesso a vijnanamaya kosha incrementando la nostra capacità intuitiva e la nostra saggezza. Cosi’ ci muoviamo via dai primi Quattro kosha e assaggiamo la divina estasi di anandamaya kosha. La vera “illuminazione” avviene quando tutti I kosha si dissolvono e diveniamo assorbiti nel SE.